Il restauro è stato eseguito nel 2001 da Lucia Tito e Veronique Albaret della CBC, Conservazione Beni Culturali, Roma.
Il supporto costituito da un’unica tavola di pioppo era stato ridotto in epoca imprecisata, sia nello spessore, sia nelle dimensioni. Al momento del restauro il dipinto risultava gravemente compromesso a causa di precedenti e forse incauti interventi. La pellicola pittorica era molto abrasa, tanto che il cielo era stato ridotto alla sola campitura di base spesso con la preparazione in vista, mentre gli incarnati apparivano privi delle stesure finali. Il tendaggio verde e il cuscino su cui poggiano le gambette del Bambino erano le parti maggiormente danneggiate a causa dell’apertura di due tasselli, nel 1956-57, che ne avevano asportato gli strati finali, privandoli della maggior parte delle velature. Inoltre la pellicola pittorica risultava coperta da una densa e pigmentata vernice.
Prima di procedere al restauro sono state effettuate sul dipinto, grazie alla disponibilità della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Venezia, indagini radiografiche e la riflettografia IR per individuare possibili cambiamenti in corso d’opera e l’eventuale presenza del disegno preparatorio.
Le radiografie non hanno dato esiti particolarmente chiari per la forte radiopacità dell’imprimitura a base di biacca e per l’interferenza della fitta parchettatura. Le indagini riflettogarfiche eseguite da Paolo Spezzani (scanner INOA) hanno, invece messo in luce le differenze tra il disegno preparatorio e il dipinto finito. Esse interessano il capo della Vergine che nel disegno risulta più ruotato verso sinistra, mostrando parte della gota e dell’occhio destro; i capelli del san Giovannino, più fluenti sulla fronte rispetto al dipinto; la presenza di babbucce ai piedi del Bambino, scalzo nella stesura definitiva dell’opera; l’esistenza di uno stipite della finestra celato poi dall’azzurro del cielo e dal paesaggio.
Nel corso dei restauri sono state condotte altre indagini non distruttive, quali le misure di fluorescenza X e le fotografie a infrarossi in falso colore, che hanno permesso di individuare i pigmenti utilizzati dal pittore. La tavolozza è risultata analoga a quella di altri dipinti di Carpaccio già analizzati: biacca, cinabro, pigmenti a base di rame, lapislazzuli, giallo di piombo e stagno.
Il dipinto è stato liberato dalle vernici alterate e da alcune ridipinture con una pulitura molto attenta ed equilibrata, soprattutto nelle delicate zone dei verdi e delle lacche. Le lacune sono state stuccate con un amalgama di gesso e colla a livello della pellicola pittorica. Per la presentazione estetica del dipinto si è provveduto a integrare a “tratteggio” tutte le lacune stuccate, ad abbassare di tono le abrasioni della pellicola pittorica e a riequilibrare le mancanze nelle campiture finali con caute velature.