Palazzo Ducale

Palazzo Ducale

JHERONIMUS BOSCH E VENEZIA

Fino al 31/3
8.30 – 17.30

Dal 1/4
8.30 -19.00

chiusura biglietteria e ultimo accesso 1 ora prima

SALA 5 – Sogni e mostri nell’immaginario rinascimentale

Jheronimus Bosch e Venezia
Venezia, Palazzo Ducale, Appartamento del Doge
18 febbraio – 4 giugno 2017

_

Ma perché mai quest’interesse, da parte del pubblico veneziano sofisticato e imbevuto di cultura classica, umanistica, per le curiose immagini di Jheronimus Bosch, artista “anticlassico” per antonomasia?

Una preziosa indicazione viene da Marcantonio Michiel, che descrive le opere di Bosch nella collezione Grimani come raffigurazioni di “sogni”, “mostri” e “incendi”. Il critico associava le visioni del pittore di ‘s-Hertogenbosch con tali concetti non a caso. Sappiamo infatti che, verso il 1500, l’Italia umanistica e in modo particolare gli ambienti veneti cominciavano a subire il fascino del fenomeno onirico, nelle sue varie forme e possibili significati.

Ne danno testimonianza alcune pubblicazioni (in modo particolare la Hypnerotomachia Poliphili, del 1499), e varie stampe e disegni. Piccoli mostri, più o meno associati al concetto di sogno, compaiono sotto forma di bronzetti di fattura padana, e sono raffigurati in stampe e disegni, a volte sul modello di incisioni tedesche di artisti come Martin Schongauer e Lucas Cranach il Vecchio.

Le opere di Bosch dalle tematiche “grottesche” rispondevano a questo particolare gusto. Da quel momento in avanti, Jheronimus Bosch diventava, per i critici e per il pubblico in Italia (e altrove), il pictor gryllorum per eccellenza, il pittore di mostriciattoli e di allucinanti scene oniriche, come viene definito ancora al giorno d’oggi.

Seguaci e contemporanei di Bosch a Venezia

Nel corso del Cinquecento, il nome di Jheronimus Bosch era diventato sinonimo di una categoria di pitture, contraddistinta dalla proliferazione di creature mostruose, paesaggi fantastici e incendi spettacolari. Il “vero Bosch”, in altre parole, risultava trasformato in una tipologia pittorica di “grottesche” e di grylli di fattura fiamminga – opere, perlopiù anonime, che venivano importate in quantità considerevoli nell’Italia settentrionale.

Un nucleo ristretto di opere “boschiane” si conserva nelle collezioni pubbliche veneziane. Purtroppo non possiamo essere certi della loro provenienza, ma sembra ragionevole ipotizzare che questi dipinti fossero entrati nelle collezioni veneziane già nel Cinquecento.

Per contro, un capolavoro di Quentin Massys, contemporaneo di Bosch e non immune da influssi italiani (Leonardo da Vinci), tuttora conservato a Palazzo Ducale, si trovava sicuramente a Venezia almeno fin dalla fine del Cinquecento, a riprova dell’interesse ad alto livello dei collezionisti veneziani dell’epoca per la pittura “non-classica” fiamminga.

 

Leggi anche: