Palazzo Ducale

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Percorsi e collezioni

L’Armeria

Le sale dell’ Armeria costituiscono oggi un prezioso museo di armi e munizioni di diversa provenienza, il cui nucleo è documentato fin dal XIV secolo e, al tempo della Repubblica, era affidato alle cure del Consiglio dei X e caratterizzato da strumenti bellici prontamente fruibili da parte degli armigeri di guardia al Palazzo e, nelle congiunture più delicate, dagli arsenalotti, cioè le maestranze, estremamente qualificate e organizzate del grande complesso dell’Arsenale.

Alla morte del doge, ad esempio, le porte del Palazzo venivano sbarrate e la loro custodia affidata appunto agli arsenalotti; di norma, poi, un gruppo di questi presidiava la Loggetta del campanile durante le sedute del Maggior Consiglio.
La collezione d’armi, arricchita da preziosi cimeli, venne parzialmente dispersa dopo la fine della Repubblica. Oggi consta di oltre duemila pezzi.

Sala I. La prima sala è detta del Gattamelata per l’armatura finemente cesellata e attribuita al condottiero Erasmo da Narni, detto appunto Gattamelata, che vi è esposta assieme ad una notevole serie di altri esemplari cinquecenteschi da combattimento pesante e leggero, a cavallo o a piedi e da torneo.

Curiosa quella da bambino (o da nano?) rinvenuta sul campo di battaglia di Marignano nel 1515. La sala ospita inoltre vari modelli di spade di varie epoche e modelli di balestre con i caratteristici turcassi in cuoio dipinto o stampato per il ricovero delle frecce, oltre a lanterne di navi turche strappate al nemico con la caratteristica mezzaluna in cima.

Sala II. Anche in questa sala campeggia un cimelio turco: è uno stendardo triangolare conquistato durante la celeberrima battaglia di Lepanto del 1571. Decorato da una bordatura su cui sono stati ricamati dei versetti del Corano, presenta al centro un’iscrizione che rende omaggio ad Allah ed al suo profeta Maometto.

Notevole è inoltre l’armatura di Enrico IV di Francia, da questi donata alla Repubblica nel 1604. La sala ospita inoltre una quattrocentesca armatura per testa di cavallo, alcuni grandi spadoni e due alabarde da fuoco, riccamente decorate.

Sala III. Il busto di Francesco Morosini, collocato in una nicchia sul fondo, dà il nome a questa sala. Ammiraglio, nominato comandante supremo della flotta veneziana durante la guerra contro i turchi dal 1684 al 1688, riconquistò il Peloponneso, cosa che gli valse il soprannome onorifico di Peloponnesiaco. Divenne poi doge nel 1688. In virtù delle sue numerose vittorie gli venne conferito ancora vivente l’onore di un monumento, caso unico nella storia veneziana. In questa sala sono ordinate e raccolte numerose spade, alabarde, faretre e balestre, spesso recanti incisa o dipinta la sigla CX.

La stessa sigla compare anche sugli stipiti delle porte ad ulteriore testimonianza della potestà del Consiglio dei Dieci. Notevole è anche la colubrina, piccolo cannone della metà del XVI secolo, finemente decorata e un archibugio a venti canne – dieci più lunghe e dieci più corte – del XVII secolo, che potrebbe essere considerato l’antenato della mitragliatrice.

Sala IV. La stanza presenta una sorprendente collezione di armi miste: balestre da fuoco del XVI secolo, mazze d’arma da fuoco, accette e spade da fuoco, archibugi del XVII secolo; vi è poi una cassetta del diavolo, insidiosa trappola mortale che nasconde al suo interno quattro canne di pistola che fanno fuoco alla sua apertura e una freccia avvelenata.

Non mancano, in questa sala, gli strumenti di tortura, una cintura di castità e una serie di armi armi proibite per le loro piccole dimensioni che le rendevano facilmente occultabili, originariamente appartenenti alla famiglia dei Carrara di Padova, vinta dai veneziani nel 1405.