Questa sala ospitava la magistratura dei Conservatori ed esecutori delle leggi e ordini degli uffici di San Marco e di Rialto, creata nel 1553 e affidata a tre patrizi che avevano il compito di far osservare la normativa che regolava l’avvocatura.
A Venezia, città mercantile per eccellenza, il settore giudiziario rivestiva enorme importanza (si pensi in primo luogo allo sterminato numero di cause, liti e processi innescati dalla presenza di un vasto mercato come quello di Rialto) anche perché basato non sul diritto imperiale o comune o romano, ma su una prassi del tutto peculiare alla civiltà lagunare.
OPERE ESPOSTE:
Vittore Carpaccio (1460/65-1525/26)
Il leone di San Marco (1516)
Olio e tempera su tela
La grande tela di Vittore Carpaccio raffigura l’iconografia tipica del leone alato, simbolo di San Marco e, per estensione, della Serenissima. Il leone è rappresentato in posa “andante”, con le zampe posteriori sulla laguna e quelle anteriori sulla terraferma: chiaro riferimento all’estensione dell’impero veneziano, diviso in «stato de terra, stato da mar». Sullo sfondo è raffigurata una veduta di Venezia. Sulla sinistra vi sono i luoghi simbolo del potere veneziano: la Basilica di San Marco, la facciata di Palazzo Ducale e la Torre dell’Orologio, appena costruita; sulla destra è raffigurata una veduta che dall’Arsenale arriva fino all’odierna Punta della Dogana. Nel bacino di San Marco, protetta dall’ala del Leone, naviga la flotta mercantile e militare veneziana.
L’opera di Carpaccio rappresenta dunque il trionfo della Repubblica di Venezia, che cammina a grandi passi sulla terraferma. La parola pax, scritta nel libro e riferita a San Marco («Pace a te, Marco, mio Evangelista»), acquisisce anche il valore di augurio di pace e prosperità rivolto alla Serenissima.
Il dipinto venne probabilmente realizzato per cinque magistrati del “Dazio del Vin”, i cui stemmi compaiono sul margine inferiore della tela. Dai loro uffici, il dipinto venne poi trasferito nel Palazzo dei Camerlenghi di Comun a Rialto e infine, dopo la caduta della Repubblica (1797), entrò a far parte delle collezioni di Palazzo Ducale.
Giambattista Tiepolo (1696-1770)
Nettuno offre a Venezia i doni del mare (1756-1758)
Olio su tela
Venezia è raffigurata distesa come una bellissima regina; indossa il mantello dogale e si appoggia sul leone, simbolo della Serenissima. Con la mano indica il dio del mare Nettuno che le riversa sui piedi una cornucopia ricca di doni: i coralli e le perle rappresentano i domini della Repubblica, le monete d’oro e i gioielli fanno invece riferimento alla ricchezza generata dai commerci. L’immagine restituisce alla perfezione il mito di Venezia che la sua classe dirigente intendeva perpetuare, nonostante l’oggettiva debolezza politica e militare in cui versava lo Stato nei decenni che precedevano la sua caduta, avvenuta nel 1797.
Il dipinto fu realizzato da Giambattista Tiepolo per sostituire quello di soggetto simile, eseguito in precedenza da Jacopo Tintoretto per uno scomparto del soffitto della Sala delle Quattro Porte di Palazzo Ducale. Questa commissione diede occasione a Tiepolo, in quegli anni già fortemente interessato alla ripresa della pittura veneziana del Cinquecento, di immergersi ancor di più in questa tradizione, guardando in particolare alle opere realizzate da Paolo Veronese per le sale di Palazzo Ducale.