Sala dei Censori. Torniamo a percorrere le sale dedicate agli organi di giustizia. La magistratura dei Censori nacque nel 1517, su iniziativa di Marco Foscari di Giovanni, cugino del doge Andrea Gritti (1523-1538) e nipote del grande Francesco Foscari. La sua denominazione e le incombenze sono riconducibili alla temperie politico-culturale umanistica: i Censori non erano infatti un organo giudicante, ma consulente soprattutto sul piano morale, come si evince dal numero dei suoi membri, che erano due, ossia teoricamente incapaci di esprimere una maggioranza. Loro compito era quello di reprimere il broglio, la corruzione elettorale, difendendo così l’integrità delle istituzioni pubbliche. Alle pareti una serie di dipinti di Domenico Tintoretto ritraggono alcuni magistrati e, al di sotto, gli stemmi di coloro che ricoprirono tale carica.
Sala dell’Avogaria de Comun. L’Avogaria de Comun era un’antichissima magistratura, come indica lo stesso nome: risale infatti all’epoca comunale (XII° secolo). Compito dei tre avogadori era di tutelare il principio di legalità, ossia la correttezza nell’applicazione delle leggi. Gli avogadori non raggiunsero mai il prestigio ed il potere dei Dieci, tuttavia rimasero pur sempre una delle magistrature più autorevoli sino alla caduta della Repubblica. Vegliavano inoltre sulla purezza del corpo aristocratico, ossia sulla legittimità dei matrimoni e delle nascite dei patrizi iscritti al Libro d’oro, la cui compilazione era appunto affidata all’Avogaria. In questa sala alcuni avogadori sono ritratti in atto di devozione di fronte alla Vergine, al Cristo risorto o ai santi.
Sala dello Scrigno. La classe nobiliare veneziana trasse origine dalla “Serrata” del Maggior Consiglio del 1297 ma solo più tardi, agli inizi del ’500, venne decisa una serie di restrizioni a tutela dell’aristocrazia: vietati i matrimoni tra patrizi ed appartenenti a diverse classi sociali , incrementati i controlli volti ad accertare i titoli di nobiltà ecc. La competenza di questa materia fu delegata all’Avogaria di Comun, cui venne pure affidata la compilazione del Libro d’oro delle nascite, nel quale erano registrate le fedi di battesimo dei patrizi; pertanto, se qualcuno non fosse stato regolarmente notificato, rischiava di trovarsi escluso dalla nobiltà, e quindi dall’ingresso in Maggior Consiglio e dall’ attività politica; divenne poi obbligatorio per ogni patrizio produrre all’Avogaria pure il certificato di matrimonio, qualunque fosse la condizione sociale della moglie. Esisteva inoltre un Libro d’argento in cui erano descritte le famiglie dell’ordine cittadino originario, ossia quelle che, accanto ai requisiti di “civiltà” e “onorevolezza” potevano vantare un’antica origine veneziana: esse fornivano allo Stato i quadri della burocrazia, a cominciare dalla Cancelleria ducale. Il Libro d’oro e quello d’argento erano custoditi in uno scrigno collocato in questa sala, dentro un armadio che conteneva anche tutti i documenti inerenti alla legittimità dei titoli. Quello che si vede oggi occupa i tre lati di una nicchia, è settecentesco, laccato di bianco con decorazioni in oro.
Sala della Milizia da Mar. Formato da una ventina di patrizi tratti dal Senato e dal Maggior Consiglio, questo organo, istituito a metà del XVI secolo, aveva il compito di reclutare gli equipaggi per le galere da guerra, compito non facile, dato il gran numero di persone necessarie all’ampia flotta veneziana. Al contrario di quanto si potrebbe credere, venivano assoldati in primo luogo vogatori liberi tratti dal mondo produttivo veneziano, ossia dalle corporazioni di arti e mestieri che erano ritenute le più dirette interessate alla salvaguardia della patria. Affine a questa magistratura era quella denominata dei Provveditori all’armar, le cui competenze concernevano però soprattutto l’allestimento ed il disarmo delle navi, cioè gli scafi e le provviste di bordo. Gli arredi a dossali sono cinquecenteschi mentre le torciere a muro risalgono al XVIII secolo. La sala successiva, sede della Cancelleria ducale inferiore, oggi ospita il bookshop del palazzo. Nel percorso di visita, uscendo da qui ci si ritrova nella loggia, di fronte alla Scala dei Giganti. Qui, tra le due colossali statue di Marte e Nettuno, scolpite da Sansovino nel 1565, simbolo della potenza di Venezia per terra e per mare, il doge veniva solennemente incoronato in presenza di una folla numerosa. La scala, ideata da Antonio Rizzo, è visivamente unita alla Porta della Carta attraverso l’ androne Foscari, che si conclude in un arco a tutto sesto a fasce alterne in pietra d’Istria e marmo rosso di Verona. A destra della scala dei Giganti si apre la Scala dei Senatori, da cui si raggiunge l’omonimo cortile e, attraverso l’androne Foscari, l’uscita dal Palazzo dalla monumentale, gotica Porta della Carta.