Liagò. Nel percorso di visita, si accede a questa stanza e alle seguenti dopo la visita al secondo piano, proveniendo dall’Armeria. Nel dialetto veneziano “liagò” significa veranda o terrazzo chiuso da vetrate. Questo ambiente serviva da passeggio e ritrovo per i patrizi negli intervalli delle frequenti sedute del Maggior Consiglio. Il soffitto di travi dipinte e dorate risale alla metà del Cinquecento, mentre le tele alle pareti, sono del Sei-Settecento. Sono esposte qui tre importanti sculture: Adamo, Eva e il Portascudo. Sono gli originali delle opere concepite per decorare le facciate dell’Arco Foscari nel cortile del Palazzo; capolavoro di Antonio Rizzo, realizzate tra il 1462 ed il 1471.
Quarantia Civil Vecchia. Proseguono le stanze dedicate all’amministrazione della Giustizia. La Quarantia, creata dal Maggior Consiglio pare già alla fine del XII secolo, era il massimo organo di appello dello Stato veneziano. Originariamente era un unico organismo formato da quaranta membri dotati di ampi poteri, politici e legislativi. Nel corso del XV secolo le quarantie divennero tre: Quarantia Criminal (per le sentenze nell’ambito che oggi chiameremmo penale), Quarantia Civil Vecchia (per le cause civili in territorio veneziano), Quarantia Civil Nuova (per cause civili in terraferma). La sala venne restaurata nel XVII secolo, ma reca ancora, dell’antica decorazione, un frammento di affresco visibile vicino all’entrata a destra. Le tele che vi sono collocate attualmente risalgono al Seicento.
Sala del Guariento. La sala, anticamente deposito d’armi e munizioni, era collegata da una scala all’Armeria e al Consiglio dei Dieci. Oggi ospita ciò che resta dell’affresco con L’incoronazione della Vergine e le gerarchie celesti realizzato dal pittore padovano Guariento tra il 1365 e il 1368 per la parete orientale della Sala del Maggior Consiglio. L’affresco, celebre e apprezzato esempio del linguaggio gotico-cortese, dai preziosi cromatismi su toni bruniti e dorati, viene quasi completamente distrutto da un violento incendio, scoppiato nel 1577 in Sala dello Scrutinio e in sala del Maggior Consiglio, in seguito al quale si procede al restauro delle sale e a un nuovo programma decorativo, che prevede, per la vasta parete del trono ove era l’affresco del Guariento, una grande tela con il Paradiso. Per eseguirla, la Repubblica bandisce nel 1582 un concorso cui partecipano i più importanti pittori attivi a Venezia in quel periodo tra cui Tintoretto, Veronese, Palma il Giovane, Francesco Bassano. La tela esposta in questa sala è uno dei bozzetti preparatori eseguiti da Tintoretto, nell’ambito di questa vicenda. Il concorso è inizialmente assegnato ex aequo a Veronese e Bassano, ma il lavoro, alla morte del primo nel 1588 non è ancora iniziato. Sarà quindi affidato a Tintoretto che lo realizzerà in modo sensibilmente diverso, col preponderante aiuto del figlio Domenico, entro il 1592.
Sala del Maggior Consiglio. È la sala più grande e maestosa di Palazzo Ducale e, con i suoi 53 metri di lunghezza e 25 di larghezza , è una delle più vaste d’Europa. Qui si tenevano le assemblee della più importante magistratura dello stato veneziano: il Maggior Consiglio. Organismo molto antico, era formato da tutti i patrizi veneziani, a prescindere dal prestigio, dai meriti o dalle ricchezze. Per questo, nonostante col trascorrere dei secoli il Senato tendesse a limitarne sempre più i poteri, esso fu sempre sentito come il baluardo dell’antica uguaglianza repubblicana, sia pure ristretta al solo ambito nobiliare. Il Maggior Consiglio aveva diritto di controllo su tutte le altre magistrature e cariche dello Stato che, quando esorbitavano troppo dai loro poteri, venivano prontamente ridimensionate. I 1200-2000 nobili che lo costituivano non cessarono mai, infatti, di sentirsi gli autentici depositari del diritto statale, da cui tutte la altre magistrature derivavano. In questa sala si effettuavano anche le prime fasi dell’elezione del doge che proseguivano in quella dello Scrutinio. Le procedure erano estremamente lunghe e complesse per evitare possibili brogli elettorali. Ogni domenica, al suono della campana di San Marco, i membri si riunivano sotto la presidenza del Doge che sedeva al centro della pedana, mentre i consiglieri occupavano seggi disposti secondo la lunghezza della sala in file doppie, dandosi la schiena. Ristrutturata nel corso del XIV secolo, era decorata dall’affresco del Guariento di cui abbiamo visto i resti e da opere dei più famosi artisti dell’epoca. Nel dicembre del 1577, un incendio divampato nella vicina sala dello Scrutinio le distrusse, danneggiando gravemente anche la struttura della sala. Venne quindi avviata una decorazione che vide impegnati artisti come Veronese, Jacopo e Domenico Tintoretto, Palma il Giovane, secondo un programma che prevedeva alle pareti episodi della storia veneziana con particolare riferimento ai rapporti col papato e l’impero, sul soffitto le gesta di cittadini valorosi e le Virtù, mentre lo spazio centrale era riservato alla glorificazione della Repubblica. I dodici dipinti laterali, sei per lato, ricordano particolari atti di valore o episodi bellici accaduti lungo l’arco della storia della città. Immediatamente sotto il soffitto corre un fregio con i ritratti dei primi settantasei dogi della storia veneziana (gli altri si trovano nella sala dello Scrutinio). Si tratta di effigi immaginarie, visto che quelle precedenti il 1577 furono distrutte nell’incendio, commissionate a Jacopo Tintoretto ma eseguite in gran parte dal figlio Domenico. Sul cartiglio che ogni doge tiene in mano sono riportate le opere più importanti del suo dogado. Il doge Marin Faliero, che tentò un colpo di stato nel 1355, è rappresentato da un drappo nero: condannato in vita alla decapitazione e alla damnatio memoriae, ossia alla cancellazione totale del suo nome e della sua immagine, come traditore dell’istituzionen repubblicana. Lungo un’intera parete, dietro al trono, si staglia la più grande tela del mondo, il Paradiso, realizzata da Jacopo Tintoretto e dalla sua bottega tra il 1588 ed il 1592 al posto dell’affresco del Guariento.
Sala dello Scrutinio. L’immensa sala si trova nell’ala di palazzo Ducale edificata fra il terzo ed il quinto decennio del XV secolo, durante il dogado di Francesco Foscari (1423–1457). Il grande ambiente era stato dapprima destinato a ospitare i preziosi manoscritti lasciati dal Petrarca e dal Bessarione alla Repubblica (1468): e infatti anticamente questa sala era denominata della Libreria. Poi, nel 1532, venne deciso di tenervi pure gli scrutinii, ossia le operazioni di conteggio elettorale e/o deliberativo che assiduamente scandivano i ritmi della politica veneziana, basata – come è noto – su un sistema assembleare che aveva il suo epicentro nel vicino salone del Maggior Consiglio; sicché per un certo periodo qui convissero due diverse funzioni, quella culturale e quella politica. In seguito alla realizzazione della Libreria sansoviniana, questa sala rimase destinata unicamente alle operazioni elettorali, a cominciare dalla più importante, quella del Doge. L’attuale decorazione fu realizzata -dopo un disastroso incendio che colpì quest’ala del palazzo nel 1577- tra il 1578 ed il 1615; il soffitto, assai ricco, venne disegnato dal pittore-cartografo Cristoforo Sorte. Nei diversi comparti sono riprodotti episodi di storia militare che esaltano le gesta dei veneziani, con particolare riferimento alla conquista dell’impero marittimo: fa eccezione solo l’ultimo ovale, che ricorda la presa di Padova, nel 1405. Le pareti raccontano le battaglie vinte dall’809 al 1656: particolarmente suggestivo, su quella orientale, il dipinto con La battaglia di Lepanto di Andrea Vicentino, del 1571, contornato da altre scene di battaglia: la Vittoria dei Veneziani sui Turchi ai Dardanelli di Pietro Liberi, dipinto fra il 1660 e il 1665 e la Vittoria dei Veneziani sui Turchi in Albania di Pietro Bellotti, del 1663; anche la parete ovest riporta episodi bellici, tra cui La conquista di Tiro di Antonio Aliense, del 1590 ca. e la Vittoria navale di Veneziani a Giaffa contro gli Egiziani di Sante Peranda, dipinto tra il 1598 e il 1605. Potrebbe stupire tutta questa celebrazione della virtù guerriera in una sala che, per la sua delicata funzione, avrebbe piuttosto richiesto una decorazione volta all’esaltazione della saggezza politica, ma non si deve dimenticare che l’ambiente fu “pensato” all’incirca nel lasso di tempo che intercorre tra la battaglia di Lepanto (1571) e l’Interdetto (1606): da un lato quindi, in un contesto di orgoglio per la vittoria ottenuta, dall’altro in un momento in cui , con particolare impegno, settori dell’aristocrazia veneziana cercavano di imprimere nuovo dinamismo alla politica della repubblica, sfidando la Spagna di Filippo II e la Santa Sede. Nel fregio sotto il soffitto continua la serie dei dogi iniziata nell’attigua sala del maggior Consiglio, mentre la parete sud è decorata da un Giudizio Universale, di Jacopo Palma il Giovane, dipinto fra il 1594 ed il 1595, idealmente collegato al Paradiso del Maggior Consiglio. La sala è chiusa a nord da un maestoso arco trionfale. Opera di Andrea Tirali, venne eretto in onore del doge Francesco Morosini Peloponnesiaco, morto nel 1694 durante la guerra in Morea.
Sala della Quarantia Criminal e Sala dei Cuoi. Ecco un’altra stanza dedicata all’amministrazione della Giustizia. Questa era la sala di una delle tre Quarantie, cioè le massime magistrature d’appello dello Stato veneziano. Creata nel corso del XV secolo, la Quarantia Criminal si occupava delle sentenze nell’ambito che oggi chiameremmo penale. Era un organismo di grande importanza: poichè i suoi membri facevano parte anche del Senato, potevano essere investiti anche di poteri legislativi. La sala è decorata da stalli lignei del XVII secolo; la stanza successiva ne costituiva l’archivio: si presume perciò che le sue pareti fossero rivestite di scaffalature ed armadi, dei quali vuol rendere un’idea quello addossato al muro di fondo: mobile non originario, come del resto i “cuoridoro” cioè i cuoi ricamati in oro sulle altre pareti.
Sala del Magistrato alle Leggi. Questa era la sala che ospitava la magistratura dei Conservatori ed esecutori delle leggi e ordini degli uffici di San Marco e di Rialto, creata nel 1553 ed affidata a tre patrizi che avevano il compito di far osservare la normativa che regolava l’avvocatura. In una città-Stato come Venezia, città mercantile per eccellenza, il settore giudiziario rivestiva enorme importanza (si pensi in primo luogo allo sterminato numero di cause, liti e processi innescati dalla presenza di un vasto mercato come quello di Rialto) anche perché basato non sul diritto imperiale o comune o romano, ma su di una prassi del tutto peculiare alla civiltà lagunare.