Perché il Paradiso
Il Maggior Consiglio era il cuore e la base del sistema politico veneziano.Organismo molto antico, assemblea legislativa e organo supremo del potere, fino alla fine del XIII secolo risultava composto da quattrocento membri eletti annualmente dai rappresentanti dei sestieri della città; dal 1297 il numero dei partecipanti venne portato a milleduecento, includendovi tutti gli eletti dell’ultimo triennio, ma chiudendolo a chiunque altro. Da allora, perduta la connotazione elettiva, il Maggior Consiglio divenne accessibile – di diritto e automaticamente, al compimento dei 25 anni – solo ai patrizi così individuati (circa duecento famiglie, elencate a partire dal 1325 in un’apposita anagrafe, il Libro d’Oro), con pari diritti. Compito del Maggior Consiglio, oltre a votare le leggi, era – in particolare- eleggere tra i suoi membri il doge, con carica a vita, e tutte le più importanti magistrature della Repubblica, sulle quali mantenne sempre, nei secoli, diritto di controllo. Ogni domenica, al suono della campana di San Marco, il Consiglio si riuniva sotto la presidenza del Doge che sedeva al centro della tribuna, mentre i numerosi partecipanti occupavano seggi disposti secondo la lunghezza della sala in file doppie, dandosi la schiena.
L’organizzazione oligarchica ma collegiale e repubblicana della Serenissima, finalizzata al bene supremo e comune dello Stato e non di un singolo signore, trova nel Maggior Consiglio e nella sua gerarchia uno stabile baluardo.
Decorare la parete principale della sala del Maggior Consiglio con un Paradiso, rappresentazione perfetta della gerarchia celeste così come tramandata dalla tradizione medievale e ripresa da Dante, è un messaggio politico esplicito: Venezia stessa è un paradiso; il suo governo gerarchico è la replica terrena di quella perfezione che, sotto la protezione della Vergine, è la sola garanzia di giustizia in questo mondo.
Il Paradiso di Guariento
Dopo il 1297, anche in considerazione dell’aumento del numero dei membri del Maggior Consiglio, si decide una radicale ristrutturazione dell’ala sud di Palazzo Ducale, che ospita gli organi di governo. I lavori che condurranno il palazzo all’aspetto che ci è familiare iniziano nel 1340 e si protraggono a lungo. L’incarico di decorare la parete orientale della nuova, ampia sala del Maggior Consiglio viene affidato nel 1365 a Guariento, pittore al servizio dei Carrara a Padova, noto per la preziosità del linguaggio pittorico gotico, oltre che per i riferimenti coltissimi sul piano teologico, filosofico e letterario.
Il grandioso affresco – celebre per lo splendore dei colori e il fulgore d’oro e d’argento delle decorazioni, di cui si ripropone una ricostruzione – presentava al centro un trono gotico con la Vergine e Cristo che la incorona (1). Sotto, sono i quattro evangelisti seduti (2) e sotto di loro gli angeli musicanti (3). Di lato agli evangelisti, altri angeli, con in mano un giglio (4), o con globo e scettro (5).
A sinistra del trono sono i Cherubini (6) con le ali blu e le ruote in mano, a destra i Serafini , con le ali rossastre (7).
Ai lati di queste gerarchie angeliche sono due file di beati seduti, con cartigli in mano (8), forse i Patriarchi e i Profeti. Alle loro spalle, in piedi, altri angeli con corazza (9) o con scettro, globo e corona (10). Seguono altre file di beati seduti con libri in mano (11) con i rispettivi ordini angelici alle spalle (12). Altre due file di santi con i relativi angeli (13) sono andate completamente distrutte. Erano infatti rappresentati con ordine rigoroso tutti e nove i cori angelici. Alle estremità, in due edicole distinte (14) (15) erano rispettivamente l’arcangelo Gabriele e la Vergine annunciata.
Tutta la composizione – con il trono posto in corrispondenza del seggio del doge sulla tribuna, i banchi dei santi corrispondenti ai lunghi sedili longitudinali su cui prendevano posto i membri del Maggior Consiglio, l’Annunciazione che ricorda la fondazione della città avvenuta il 25 marzo 421-serviva a stabilire uno stretto rapporto anche visivo tra l’ordine divino descritto nell’affresco e le riunioni reali che si svolgevano nella sala, mentre la correlazione con Maria enfatizzava il trionfo di Venezia e il suo ruolo nel mondo.
I resti dell’affresco vengono ritrovati in sala del Maggior Consiglio nel 1903, durante un’operazione di stacco della tela di Tintoretto: nel 1905 vengono strappati e intelati. Un accurato restauro (1995/96),li ha consolidati e ne ha migliorato il recupero.
L’incendio del 1577 e il Concorso per il Paradiso
Il 20 dicembre 1577 Palazzo Ducale viene colpito da un violentissimo incendio; la Sala dello Scrutinio e quella del Maggior Consiglio subiscono danni molto gravi e la decorazione pittorica è completamente distrutta. La Repubblica avvia immediatamente i lavori di restauro (che condurranno le sale all’aspetto che hanno oggi) e formula, per le decorazioni, un preciso programma iconografico che prevede, per la parete orientale, la realizzazione di un altro Paradiso. Non dovrà più essere ad affresco ma su tela e, come il precedente, dovrà raffigurare un‘incoronazione della Vergine tra le gerarchie celesti. Non è richiesto un richiamo all’Annunciazione (che, come abbiamo visto, era invece presente nell’affresco del Guariento), pensando piuttosto a una continuità logica con il tema del Giudizio Universale, previsto per la sala dello Scrutinio, che allora precedeva nell’accesso quella del Maggior Consiglio, così come il Giudizio precede ed è condizione per l’ingresso in Paradiso.
Nella composizione dell’immensa tela – larga 22 metri e alta 7 – dovrà essere illusionisticamente inclusa anche la tribuna su cui siede il doge e , come Guariento, i concorrenti dovranno prevedere una diretta simmetria verticale tra la divinità e la luce che da essa irradia e il capo dello stato nelle sue funzioni; tra i beati e le gerarchie angeliche e gli eletti che partecipano all’assemblea veneziana.
Il concorso si svolge, molto probabilmente, nel 1582, e vi partecipano i più importanti pittori attivi a Venezia in quel periodo, tutti già impegnati nei vasti lavori per la nuova decorazione del Palazzo: due più anziani e famosi, Tintoretto (1518-1594) e Veronese (1528-1588) , altri più giovani: Palma il Giovane (nipote di Palma il Vecchio, 1544/1628); Francesco Bassano (figlio di Jacopo,1549/1592) e, forse, Federico Zuccari (1540/41-1609). Ogni artista offre approcci ed esiti assai diversi a un tema rigidamente definito dalla committenza esprimendo differenti sensibilità, preferenze compositive, riferimenti politici, dottrinali ed estetici.
La scelta della Serenissima non sarà facile e la vicenda del concorso si complicherà:assegnato ex aequo a Veronese e Bassano, il lavoro, alla morte del primo nel 1588 non è ancora iniziato. Sarà quindi affidato a Tintoretto che lo realizzerà ,col preponderante aiuto del figlio Domenico, entro il 1592.