Atrio quadrato. Questa stanza aveva soprattutto una funzione di anticamera ai luoghi in cui si riunivano i più importanti organi di governo. Il decoro risale al XVI secolo, durante il dogado di Girolamo Priùli, raffigurato sul soffitto, in un dipinto di Tintoretto, ornato delle prerogative del potere e dei simboli di Giustizia e Pace. Agli angoli quattro scene bibliche, che alludono forse alle virtù del doge, e le stagioni, probabilmente opera della bottega di Tintoretto. Il programma celebrativo era completato da quattro dipinti di Mitologie che si trovano ora nella sala dell’Anticollegio. Al loro posto vi sono L’angelo annunciante ai pastori di Girolamo Bassano e opere di soggetto biblico dubitativamente attribuite a Paolo Veronese.
Sala delle Quattro Porte. La sala aveva la duplice funzione di anticamera d’attesa e di passaggio e prende il nome da quattro splendide porte incorniciate da preziosi marmi orientali, sormontati ciascuno da un gruppo scultoreo che si riferisce all’ambiente al quale dà accesso. L’aspetto attuale risale ad un’imponente ristrutturazione operata dopo il disastroso incendio del 1574 da Antonio da Ponte su progetto di Andrea Palladio. Il soffitto a botte, la cui decorazione a stucchi si deve a Giovanni Cambi detto il Bombarda, ospita affreschi a soggetto mitologico e raffigurazioni di città e regioni sotto il dominio veneto, realizzati da Jacopo Tintoretto a partire dal 1578. Questa decorazione vuole mostrare, strettamente connesse tra loro, la fondazione di Venezia, la sua indipendenza sin dalle origini e la missione storica dell’aristocrazia veneziana, secondo il programma celebrativo già segnato dalla decorazione della Scala d’Oro. Le opere alle pareti, tra cui Il doge Antonio Grimani in adorazione davanti alla Fede e san Marco in gloria di Tiziano, furono realizzate solo alla fine del Cinquecento. A cavalletto, una celebre tela di Giambattista Tiepolo con Venezia che riceve da Nettuno i doni del mare.
Sala dell’Anticollegio. Questa sala era l’ anticamera d’onore per le ambascerie e le delegazioni che attendevano di essere ricevute dal Collegio, cui era delegata la politica estera dello Stato. Anche questo ambiente, come il precedente, fu restaurato dopo l’incendio del 1574 e il suo apparato decorativo è perciò simile a quello della Sala delle Quattro Porte, con stucchi ed affreschi sul soffitto. Quello centrale, con Venezia in atto di conferire ricompense ed onori, si deve a Paolo Caliari detto Veronese. Un prezioso fregio orna le sommità delle pareti, e sontuosi sono il camino tra le finestre e la bella porta che immette nella sala del Collegio, adorna di colonne e con un frontone sormontato da un gruppo marmoreo di Alessandro Vittoria. Accanto alle porte sono collocate le quattro tele dipinte da Jacopo Tintoretto per l’Atrio Quadrato, portate qui nel 1716 a sostituzione dell’originaria decorazione con pannelli di cuoio. In tutte, le scene mitologiche hanno significati allegorici del saggio governo della Repubblica. Sono in questa stanza altre opere celebri tra cui il Ratto di Europa di Paolo Veronese.
Sala del Collegio. Il Collegio, o Pien Collegio riuniva i Savi e la Signoria, organi distinti ed autonomi. I primi si dividevano in Savi del Consiglio, che si occupavano soprattutto di politica estera, Savi di Terraferma, competenti sulle questioni inerenti i territori fuori della laguna e Savi agli Ordini, che sovrintendevano alle materie marittime. La Signoria era composta dai tre capi della Quarantia e dal Minor Consiglio, formato dal doge e dai sei consiglieri, uno per ogni sestiere. Questa interrelazione tra diverse cariche era uno dei segreti della costituzione veneziana, che fu in grado di garantire per secoli da un lato gli equilibri istituzionali, dall’altro la pace sociale e fu oggetto di ammirazione delle principali potenze europee. I compiti del Collegio erano soprattutto quelli di predisporre e coordinare i lavori del Senato, leggendo i dispacci degli ambasciatori e dei rettori, ricevendo le delegazioni straniere e promuovendo l’attività legislativa e politica. La decorazione della sala fu completata dopo l’incendio del 1574 su progetto di Andrea Palladio. Francesco Bello e Andrea da Faenza lavorarono alla realizzazione del rivestimento ligneo delle pareti, del tribunale sul fondo e del soffitto intagliato. Le splendide tele del soffitto furono invece commissionate al Veronese che le eseguì tra il 1575 e il 1578. Il soffitto del Collegio è uno dei capolavori dell’artista che celebra qui il Buon Governo della Repubblica, la Fede su cui esso riposa e le Virtù che lo guidano e lo rafforzano. Il primo scomparto rettangolare ci presenta la visione del campanile di San Marco che emerge dietro alle figure di Marte e Nettuno, signori della guerra e del mare. Al centro è Il trionfo della Fede e nello scomparto rettangolare, verso la tribuna, Venezia con la Giustizia e la Pace. Tutto attorno, in otto pannelli a forma di T e di L, stanno le Virtù di Governo. La grande tela posta sopra il Tribunale, ancora di Paolo Veronese, esalta la prestigiosa vittoria ottenuta a Lepanto il 7 ottobre 1571 dalla flotta cristiana su quella turca, con il prevalente contributo di navi e uomini veneziani. Il resto delle opere di questa sala è dovuto a Tintoretto e aiuti. Vi sono raffigurati dogi assistiti dal Salvatore, dalla Vergine e dai Santi.
Sala del Senato. Questa sala detta anche dei Pregadi, perché il doge “pregava” i membri di partecipare alle riunioni, ospitava le adunanze del Senato, una delle più antiche istituzioni veneziane, la cui creazione risale al XIII secolo. Era l’organo deputato a sovrintendere alle materie economico-finanziarie, come la produzione, il commercio e la politica estera e divenne una sorta di comitato ristretto del Maggior Consiglio a cui avevano accesso solo gli esponenti delle famiglie più abbienti. I lavori di rifacimento della sala dopo l’incendio del 1574 avvennero negli anni ottanta del Cinquecento. Terminato il soffitto, si diede inizio alla decorazione pittorica, che risulta terminata completamente nel 1595. Tintoretto e la sua bottega sono gli autori di alcune opere in cui si nota la preminente figura del Cristo; è forse un’allusione alle funzioni di “conclave” riservate al Senato nella elezione del Doge, tutelata dal Figlio di Dio; di Jacopo Palma il Giovane sono invece quattro dipinti votivi, legati a vicende storiche della Repubblica. Viene qui ricordata l’eroica difesa di Venezia, simboleggiata mentre lancia il Leone contro il Toro che indica il resto d’Europa. Agli inizi del XVI secolo, avendo ulteriormente allargato i suoi domini sulla terraferma, Venezia si era trovata a dover fronteggiare una lega tra alcune delle principali potenze europee quali Papato, Impero, Francia e Spagna, preoccupate dall’espansione veneziana. E’ la lega di Cambrai, nei confronti della quale Venezia otterrà un significativo successo diplomatico nonostante la sconfitta militare di Agnadello. Al centro del dipinto sta il vecchio doge, Leonardo Loredan, eroe della resistenza veneziana e sullo sfondo anziché Agnadello, è rappresentata Padova, riconquistata eroicamente dai veneziani rovesciando le sorti sfortunate della guerra. Sulla stessa parete si trovano due grandi orologi.
Sala del Consiglio dei Dieci. Il Consiglio dei Dieci fu istituito in seguito alla congiura ordita nel 1310 da Bajamonte Tiepolo e altri nobili per rovesciare le istituzioni statali. Essendo stato costituito per giudicare gli aderenti al complotto avrebbe dovuto essere un organo provvisorio ma, come spesso accade nella storia delle istituzioni veneziane, finì col diventare un organo permanente. Le sue competenze si estesero ad ogni settore della vita pubblica: ortodossia religiosa, politica estera, spionaggio, difesa dello Stato. Da qui il sorgere del mito di un tribunale potente, occhiuto e spietato al servizio dell’oligarchia dominante, le sui sentenze venivano emesse in tempi rapidissimi e con rito segreto. L’assemblea era composta da 10 membri scelti dal Senato ed eletti dal Maggior Consiglio, a cui si aggiungevano il Doge e i suoi sei consiglieri. Di qui i diciassette riquadri a semicerchio, che ancora si notano nella sala. La decorazione del soffitto è dovuta a Gian Battista Ponchino in collaborazione con il giovane Paolo Veronese e Gian Battista Zelotti. Intagliato e dorato, è diviso in venticinque scomparti con all’interno divinità ed allegorie che illustrano il potere del Consiglio il cui compito, ad immagine del tribunale celeste, era di punire i crimini e liberare l’innocente. L’interpretazione dei singoli quadri è particolarmente complessa a causa dell’ambiguità delle figure mitologiche e della tendenza degli ideatori dei programmi a sovrapporre significati legati all’ideologia veneziana a quelli tradizionali. Celebri i dipinti di Veronese, dal Vecchio orientale a Giunone che sparge i suoi doni su Venezia, mentre l’ ovale al centro con Giove che scende dal cielo a fulminare i vizi è una copia dell’originale dello stesso autore, portato al Louvre da Napoleone Bonaparte.
Sala della Bussola. Inizia da questa sala la serie degli spazi dedicati alle funzioni della Giustizia. Ed è appunto la statua della Giustizia che sormonta la grande bussola lignea che dà il nome alla stanza, maschera l’angolo e conduce nelle stanze dei Tre Capi del Consiglio dei X e degli Inquisitori (visitabili solo nel corso della visita agli Itinerari Segreti). L’ambiente in cui ci troviamo era perciò utilizzato come anticamera per coloro che erano stati convocati dal potente magistrato. E’ dunque un’anticamera, peraltro lussuosamente arredata: il controsenso è solo apparente, perché la magnificenza della decorazione era mirata ad enfatizzare la solennità del rituale giuridico-politico dello Stato marciano, che qui trovava uno dei suoi cardini più efficaci e più celebrati. La sistemazione della stanza risale alla metà del XVI secolo; anche questo soffitto fu affidato al Veronese, che ne completò la decorazione nel 1554 con opere volte all’esaltazione del “buon governo” della Serenissima. Purtroppo anche in questa sala la tela centrale con San Marco che scende ad incoronare le tre Virtù teologali, è una copia il cui originale si trova oggi al Louvre. Il grande camino posto tra le finestre fu ideato da Jacopo Sansovino nel 1553-54 Tutte le stanze in cui si svolgevano funzioni connesse alla giustizia erano collegate tra loro in senso verticale, a partire dal piano terra, con le prigioni chiamate Pozzi, per proseguire poi al piano delle logge con l’Avogaria, al primo piano con le Quarantie e la sala del Magistrato alle Leggi, al secondo piano con le diverse sale con funzioni di tribunale- che stiamo ora visitando- fino alle prigioni del sottotetto, i Piombi. I collegamenti erano garantiti anche da scalette, corridoi, vestiboli. Da questa sala si può accedere all’Armeria e poi alle Prigioni nuove, al di là del Ponte dei Sospiri oppure scendere subito lungo la scala dei Censori per proseguire, al primo piano, il percorso delle Sale Istituzionali.